Piccoli studenti picchiati con schiaffi alla nuca e metodi sbrigativi, violenti, insensati. Al centro della vergognosa vicenda c’è una maestra, ora sospesa dal servizio, di una scuola materna di Corleone, nel Palermitano.
Se non fosse stato per le immagini carpite grazie a una telecamera piazzata dagli investigatori, probabilmente oggi si parlerebbe solo di illazioni, di facili accuse e persino di persecuzione. Ma la realtà è che sempre più spesso ci tocca raccontare di squallide vicende con al centro i più deboli, bambini o anziani. Sempre più spesso le frustrazioni umane trovano sfogo su quei soggetti che, al contrario, andrebbero protetti e salvaguardati doppiamente.
Come sempre, a cose fatte, nel supremo Tribunale del web c’è chi chiede rigore massimo nella selezione degli educatori; chi imporrebbe visite psicologiche periodiche agli insegnanti e chi invoca la pena di morte per i colpevoli. Violenza contro violenza, insomma. Del resto il frutto non cade mai lontano dall’albero.
L’orrore dello stupro, dalla guardia medica di Trecastagni al giovane paziente (notizia recente) abusato da un infermiere di Paternò poco dopo un’operazione, mi fa pensare al grado di involuzione della specie umana.
Dai trogloditi senza cervello, autori materiali dei gesti brutali, agli sciacalli che speculano sul dolore e sulla rabbia, spesso anche dalle colonne di autorevoli giornali. C’è chi, ad esempio, per cavalcare l’onda mediatica è arrivato a inventare che la Procura di Catania abbia riqualificato l’accusa di violenza sessuale ai danni della dottoressa di Trecastagni in “infortunio sul lavoro”.
Bufale, malafede, disinformazione. Il panorama è decadente, ma a qualcuno fa comodo ampliare lo scandalo. Spesso raccontando particolari imbarazzanti contenuti nei verbali delle povere vittime, altre volte con maliziosi accostamenti nei titoli. Sono tutte forme di violenza; siamo tutti vittime. Chi degli stupratori, chi degli sciacalli.
Riconosci il periodo delle elezioni dall’odore dolciastro che aleggia attorno ai candidati, ai loro sorrisoni smaglianti e alle pagine social piene di progetti e promesse roboanti.
È il gioco della politica: c’è quella meschina, quella rivoluzionaria e pure quella immutabile dei favori da restituire a tempo debito. Personalmente sono sempre rimasto decisamente fuori da certi ‘giochi’, un po’ per scelta, un po’ per caso. In Sicilia in molti la pensano diversamente, e probabilmente a causa di questa propensione al lecchinaggio, nella speranza del posto fisso o di chissaché, oggi non ce la passiamo proprio benissimo. Ciò che fa più sorridere è che conosciamo la storia e l’attendibilità di certi personaggi ma fingiamo di non accorgerci che la “sostanza” è la stessa anche quando cambiano le casacche.
In fin dei conti il problema non è di chi si candida ma di chi lo vota. Come non è colpa degli stilisti per i certi abiti orrendi, ma di chi li compra. E nessuno si lamenti, poi, della pessima figura.