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Si può dare fuoco a una pompa di benzina solo perché il vicino distributore automatico di sigarette non ha restituito due euro di resto? La risposta, a rigor di logica, è no. Ma lo spunto di cronaca, peraltro recentissimo, è solo la punta di un iceberg per fare una riflessione un tantino più estesa.

Non servono particolari indagini, infatti, per accorgersi che siamo schiavi dell’ira, in forme più o meno preoccupanti. Dai semafori, alle code al supermercato, ai rapporti con il prossimo: basta una piccola scintilla per farci perdere il senso della misura, anche verbale. Secondo la rivista online Wired, che ha pubblicato uno studio relativamente recente e basato sul web, non stiamo messi bene quanto a rabbia.

Su 110 posizioni totali, il primo posto spetta a Roma ma le città del sud non sono certo in coda. Palermo è al 24° posto, mentre Catania è ferma alla posizione 36. La soluzione? Non la troverete certo su internet. Anzi, forse sarebbe meglio staccare un po’ la connessione dati, ogni tanto.



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Pare che abbia avuto una partenza in salita la trovata della figlia e del genero del boss Totò Riina, di dare vita a un sito per la vendita di cialde di caffè con il nome tutt’altro che neutro di “Zù Totò”.

La pagina, subito definita da molti come “provocatoria”, è stata bloccata dal 6 dicembre scorso su uno dei principali siti di vendita online. I familiari di Riina avevano tentato di lanciarsi nell’e-commerce puntando sull’evocazione del boss defunto, ma a quanto pare il tam-tam mediatico e la comprensibile indignazione di una parte della società civile hanno sortito l’effetto opposto.

Perché qui nessuno mette in discussione il diritto di inventarsi un lavoro, quanto invece c’è molto da ridire sulla strumentalizzazione di una storia criminale che non può e non deve essere elevata a simbolo. Che ben vengano le cialde, dunque. Vendetele come vi pare, vendetele dove vi pare. Magari, però, lasciate ‘Zu Totò’ dove si trova.



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Un sacerdote che abusa del suo ‘potere’ per violentare ragazzini già provati da atrocità è la rappresentazione del male assoluto. Perché quello che dovrebbe essere un rifugio diviene una ulteriore condanna; forse la condanna definitiva per vittime probabilmente destinate a non riprendersi completamente dagli inferni subiti in terra.

Il dato peggiore dell’ennesima storiaccia di cronaca nera che riguarda un prete e dei bambini è proprio questo: l’accanimento nei confronti dei più fragili. Adesso l’opinione pubblica (scenario visto e rivisto) sarà divisa tra gli accusatori della Chiesa senza distinzioni e gli ottusi difensori anche della mela marcia.

Al netto dell’orrore e del chiacchiericcio da bar, mi auguro finalmente che per troppe povere vittime arrivi il momento del riscatto, della salvezza, della pace interiore. Perché questo martirio abbia fine, una volta per tutte.



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