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Nell’epoca dell’apparenza a tutti i costi non ci stupiamo più quando notiamo la ressa alle bancarelle di capi griffati contraffatti, orologi tarocchi e similari. Ammetto invece di aver provato stupore nell’apprendere che un imprenditore siciliano di 52 anni aveva realizzato nientemeno che una finta Ferrari partendo dal telaio di un’auto sportiva giapponese.

E così, se una parte della carrozzeria era rimasta quella di fabbrica, al contrario ruote, loghi, freni e altri accessori erano stati invece acquistati proprio dalla casa di Maranello. Il trucco è stato notato dai finanzieri che hanno sequestrato l’auto e denunciato l’imprenditore per l’utilizzo di marchi di fabbrica registrati. L’episodio è curioso senza dubbio, e sulla legge non si discute.

Ma mi permetto, scherzosamente, una semplice considerazione: gli stemmi Ferrari li ho visti decorare fiat punto, uno turbo, camion delle consegne e persino l’ape cross del fruttivendolo ambulante sotto casa mia. Chi li esibisce per vezzo, chi per culto, chi per moda. Il logo Ferrari, fatevene una ragione, è come il titolo di ‘dottore’ elargito dai posteggiatori abusivi. Non si nega a nessuno.



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