Ci sono due P che non dovrebbero mai essere accomunate: la “p” di pedofilia e quella di prescrizione. Quando questo fenomeno accade, è la società civile a rimanere sconfitta.
Non so se il calvario che stanno vivendo i cittadini messinesi (da due settimane senza acqua, con una breve interruzione in mezzo) rappresenti una sorta di prova terrena della propria sopportazione in vista del paradiso. Di certo, quello che sta accadendo nella fascia peloritana della Sicilia non può non essere considerato uno scandalo.
Una piovra attanagliata al collo e al portafogli, quella che ha lentamente distrutto la vita e la serenità di un imprenditore palermitano e poi, una volta morto lui, quella di suo figlio. E’ la storia di due tra le 36 vittime che hanno deciso di alzare la testa contro le cosche di Bagheria. Una storia finita tra le carte dei carabinieri, nei mesi che hanno preceduto il blitz di ieri a Palermo. Una storia cominciata ai tempi delle lire con la pretesa di due milioni, divenuti presto due milioni di euro: cifra imposta dai clan per la cessione all’imprenditore di una parte di attività, di fatto già sua.