Pace del Mela è un paesello in provincia di Messina che conta 6300 abitanti. A dispetto del nome, “pace” è una parola un tantino impegnativa, che non si addice certo ai giornalisti del luogo, impegnati nella cronaca quotidiana.
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Può succedere infatti che una mattina qualcuno decida di “punirti” incendiando la tua auto, come è successo ieri a Emanuela Fiore, pubblicista e corrispondente del quotidiano Gazzetta del Sud. La sua colpa? Proabilmente quella di aver fatto il suo lavoro; di aver raccontato la cronaca locale, magari scritto sul giornale dell’arresto di Tizio o Caio. Perché in questa zona della Sicilia - mi conferma un cronista messinese di lungo corso - c’è un fastidio epidermico per i giornalisti, anche quando fanno un resoconto lineare dei fatti. Anche quando raccontano l’esito di un processo.
La libertà di stampa, insomma, se ne va a farsi fottere quando non scendi a compromessi. E lo sanno bene i tanti colleghi che non finiscono sull’Ansa dopo un gesto eclatante come il rogo della propria auto, ma che comunque sono quotidianamente inseguiti, minacciati al telefono, insultati per strada. Non c’è nulla da fare: è una questione di cultura. In questo caso, subcultura.