Una piovra attanagliata al collo e al portafogli, quella che ha lentamente distrutto la vita e la serenità di un imprenditore palermitano e poi, una volta morto lui, quella di suo figlio. E’ la storia di due tra le 36 vittime che hanno deciso di alzare la testa contro le cosche di Bagheria. Una storia finita tra le carte dei carabinieri, nei mesi che hanno preceduto il blitz di ieri a Palermo. Una storia cominciata ai tempi delle lire con la pretesa di due milioni, divenuti presto due milioni di euro: cifra imposta dai clan per la cessione all’imprenditore di una parte di attività, di fatto già sua.
Cinque giorni di siccità in una città come Messina sono eterni e ingiustificabili neanche a voler chiudere entrambi gli occhi e immaginarci ai tempi dei carri trainati dai buoi.
Che lo si voglia o no, i grandi amori della vita lasciano un segno che non va facilmente via, anche quando finiscono. Uno dei miei più grandi amori professionali, volente o nolente, porta il nome di Antenna Sicilia. Non certo per il marchio prestigioso, quanto per l’anima che ha reso grande un nome, e cioè per le persone che ci lavoravano.