Inutile dire che a Catania non se ne azzecca una buona in campo meteorologico. Allerta meteo con livello rosso appena una settimana fa, scuole chiuse e quattro gocce appena. Ieri, invece, nessuno è stato in grado di prevedere che si sarebbe scatenato il diluvio universale; con tutto un corollario di disagi, paura, problemi, emergenze.
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Guardare su internet i video diffusi dagli utenti – e in parte rilanciati anche sulle nostre piattaforme social – mi ha fatto capire quanto la “Milano del sud” sia inadeguata sotto il profilo del rischio idrico. Basta una bomba d’acqua a metterci in ginocchio e non siamo neanche in grado di prevedere con ragionevole certezza se gli studenti (mandati a scuola nella speranza che non crolli loro addosso il soffitto, ma quella è un’altra storia) riusciranno ad arrivare sani e salvi, e allo stesso modo ritornare a casa. Non ne faccio una colpa solo a questa amministrazione, ma certamente il problema – che si ripresenta di anno in anno – è sintomo di una patologia trascurata quanto pericolosa.
Se è vero che da decenni gli esperti predicano quanto a rischio sia il 70% del territorio siciliano; se è vero che bisognerebbe dare una frenata alla cementificazione; se è vero che la città attende da vent’anni un progetto utopico che porta il nome di canale di gronda, come è possibile non impuntarsi per attuare quantomeno gli accorgimenti essenziali? Di certo un tombino pulito dopo la burrasca può servire, la buona sorte anche; ma l’allerta meteo non è oracolo degli dei e prima o poi, dentro le auto trascinate dalle correnti di via Etnea, rischia di rimanerci secco qualcuno.