A Catania siamo tutti eroi. Sprezzanti e autoritari su Facebook; paladini della giustizia sui blog; indignati e sdegnati moralizzatori quando in tv sentiamo che tizio ha picchiato caio; che le baby gang assatanate ammorbano la tranquillità del sabato sera; che non si può più girare soli perché "nella migliore delle ipotesi rischi un knockout game o di tornare alleggerito di soldi e cellulare".
Forse è davvero così, ma la realtà mostra un amarissimo risvolto della medaglia. L'ultimo episodio risale a pochi giorni fa; ancora non noto alla stampa. In un affollato ospedale catanese, venerdì scorso, due dipendenti (marito e moglie sessantenni) sono stati picchiati selvaggiamente da un branco di energumeni che li hanno prima speronati in auto e poi aggrediti a calci e pugni perché "colpevoli" di ostacolare l'ingresso della loro auto al pronto soccorso dal momento che il loro bambino "stava male". A una scena tanto disgustosa quanto reale - ci sono le immagini di sorveglianza a comprovare i fatti - hanno assistito, senza battere ciglio, non solo i tanti pazienti della struttura ma anche (e soprattutto) i vigilantes pagati dall’azienda per scongiurare barbarie simili. Interpellati dai familiari dei dipendenti aggrediti, questi intrepidi condottieri armati di tutto ma non di coraggio si sono limitati a dire che "non hanno visto nulla".
Nessuno a Catania vede nulla, anche quando gli capita sotto il naso; anche quando il proprio compito sarebbe quello di intervenire; anche quando c’è in gioco la propria dignità. Non siamo tenuti ad essere eroi, sia chiaro, ma almeno non apriamo la bocca a sproposito. Lasciamolo fare ai bambini, almeno fino a quando impareranno che i grandi non sono superman o spiderman. Almeno fino a quando non capiranno di vivere nel regno dei quaquaraquà.
Twitter: @aspitaleri