Capita a volte di rimanere turbati dalla crudeltà di certi sfoghi. Quello che ho ricevuto qualche giorno fa comincia così: "Caro Direttore, mi chiamo Pietro e mi vergogno molto a scriverle questa mail. Purtroppo la mia impresa è fallita dopo tanti anni passione; sono stato costretto a rivoluzionare il mio stile di vita, e con me mio figlio. Mio figlio è un diciottenne che lavora. Ha dimenticato la spensieratezza per dedicarsi a ogni genere di lavoretto: cameriere, cuoco, addetto alle pulizie. Viene sfruttato per pochi euro l'ora ma purtroppo non possiamo fare a meno di quei soldi, e io non so più se voglio andare avanti. Non chiedo soldi ma solo un abbraccio. Chiedo comprensione, perché là fuori nessuno me ne ha mostrata".