Impazzano sul web le immagini delle “cascate d’acqua” all’interno della sede di via Crispi del Tribunale di Catania. Una mattinata di maltempo ed ecco – come hanno documentato, cellulare alla mano, alcuni avvocati – che, puntuale, si presenta la seconda emergenza all’interno della struttura catanese.
La stessa struttura, interamente in cemento armato, che d’estate è invivibile a causa del caldo soffocante e l’assenza di adeguata climatizzazione, in autunno si trasforma in una di succursale di Etnaland.
Vediamo il lato positivo: almeno non si paga il biglietto.
Centocinquanta milioni di euro. Il suono di una cifra praticamente immensa, se parametrata alle disponibilità di noi comuni mortali, ci fa capire quanto vasto e potente sia (o sia stato) l’impero di Mario Ciancio Sanfilippo, finito pesantemente sotto la lente della Direzione Distrettuale antimafia di Catania.
Al punto di subire un sequestro stellare; al punto di perdere (almeno per ora) le redini del suo impero mediatico; del suo giornale; di una televisione; di decine di altre società. E’ la fine di uno dei “Vicerè” di Catania, hanno già sentenziato in molti. Tanti altri – soprattutto alcuni tra gli “epurati” dalle aziende editoriali della galassia Ciancio – avranno sorriso, ringraziando il karma. Ma piuttosto che pensare al concetto di giustizia cosmica, mi augurerei che venisse fatta quella terrena. Giustizia, non vendetta. E in fretta.
Perché se Ciancio ha delle colpe è giusto che vengano appurate da un tribunale e in tempi celeri. È giusto che paghi se ha favorito la mafia, se ha lucrato, se ha usato i suoi giornali per fini deplorevoli. Ma non lo decideremo noi su twitter o su facebook. Tutto il resto è chiacchiericcio da bar, veleno, vendetta. E, se fate i giustizieri, queste doti non fanno per voi…