Diciamo la verità: non era necessario un articolo del Sole 24 ore, che colloca Catania al primo posto tra le città siciliane più pericolose (21esima in Italia), per capire che qualcosa non va. Ce ne rendiamo conto facilmente, e non solo quando leggiamo i titoloni sui giornali locali. Qualcosa è cambiato: è peggiorato.
Probabilmente la crisi ha spazzato anche quel briciolo di buon senso che faceva da auto-argine alle azioni incontrollate della piccola e media criminalità. Adesso sembra che in pochi si preoccupino di minacciare, aggredire e picchiare persone innocenti anche per pochi spiccioli. Adesso, girando in città, si percepisce forte e chiara la paura di adolescenti costretti a camminare in gruppo per non subire il furto del telefonino, e di contro la spavalderia disgustosa di chi usa la violenza gratuita come sport.
Potremmo prendercela allora con le Istituzioni; con le forze dell’ordine assenti o con la macchina della giustizia che fa acqua da tutte le parti. Forse in parte è vero: il prodotto del disastro che ci sta inghiottendo è frutto di tante responsabilità. E non è detto che in mezzo non ce ne sia anche qualcuna nostra.
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