Sacchi della spesa, qualche decina di euro, promesse di assunzioni in strutture sanitarie. Il voto di tanti elettori messinesi, tra il 2012 e il 2013, sarebbe stato ‘barattato’ così. È l’ennesimo scandalo che scuote il capoluogo peloritano, già di per sé bersagliato da inchieste esplosive e gettonopoli varie.
Adesso è arrivata la ciliegina sulla torta, con le 35 ordinanze di custodia cautelare notificate ieri a mafiosi di tre cosche diverse, divenuti d’un tratto amici; imprenditori; professionisti e a Paolo David, consigliere comunale saltato dalla carrozza del PD a quella di Forza Italia. Del resto la storia ci insegna che non importa tanto il mezzo di trasporto, quanto la destinazione. E se la destinazione è una bella poltrona in Comune per sé o al Parlamento per gli amici, bisogna darsi da fare.
Il Giudice che ha firmato l’ordinanza parla di “frenetica attività” nella ricerca di voti da parte di David: ottimo procacciatore di consensi, a giudicare dai risultati. Ma il risvolto della medaglia, sarebbe ingiusto non guardarlo, è che per ogni voto pagato c’è qualcuno disposto a venderlo. Forse anche perché non c’è uno Stato in grado di difenderlo.