Non so dire quanto le accuse di estorsione a carico di Pino Maniaci possano reggere in tribunale, ma del resto la chiaroveggenza non è tra i compiti di un giornalista. Il compito di un giornalista dovrebbe essere quello di servire, quanto più correttamente possibile, il pubblico che lo segue.
Pino Maniaci, parlando al telefono con la sua amante, ha dato ai suoi telespettatori un’immagine lontanissima dalla correttezza morale che che per anni ha preteso dalla politica e dalle istituzioni arringando nei suoi telegiornali. Messo alle strette, intervistato dal Corriere della Sera, ha dovuto ammettere di essere stato un coglione nel vantarsi con la compagna al telefono; di volerla fare sentire in colpa accusando il marito dell’uccisione dei cani e di volerla attrarre a sé vantando un futuro in politica, costellato da soldi e auto blu. È vero: tutte queste ‘stronzate’, per usare il gergo del direttore di Telejato, non costituiscono reato. Ma Maniaci sa che è il rigore morale del personaggio pubblico a dargli credibilità, non solo ciò che dice quando parla alla sua platea.
Mi risulta difficile dunque pensare che un uomo corretto possa accusare qualcun altro di un gesto vergognoso solo per farsi bello con una donna, e altrettanto difficile che si possa ricattare qualcuno ‘a fin di bene’. Le intercettazioni di Maniaci, divulgate opportunamente o meno, ci offrono la dimensione intima dell’uomo pubblico; il contenuto dentro il contenitore. E, mi dispiace, ma dirsi ‘coglione’ non basta. E farsi passare per vittima, stavolta, non attacca.