Sogno una Sicilia nella quale poter camminare davvero su autostrade a quattro corsie, come ha promesso il premier Renzi in preparazione dell’ennesimo viaggio siculo in agenda per il prossimo week end.
Lo vorrei davvero, così come la fine della fame nel mondo e della violenza negli stadi. Ma quando ritorno sulla terra mi ritrovo davanti a una realtà diversa, fatta di buche stradali più simili a piscine; autostrade vecchie di cinquant’anni e gallerie non illuminate. Non vorrei passare per brontolone o pessimista, ma a certe illusioni ci ha già brillantemente abituato nel recente passato un simpatico Presidente del consiglio, molto bravo nell’arte oratoria così come nell’organizzazione di feste a domicilio.
Dalle parole ai fatti ne passano di autostrade. Quelle siciliane sono la metafora di una parte della nostra classe politica: costano un patrimonio, hanno fondamenta poco solide e ci fanno vergognare col resto del mondo evoluto. Detto questo, ben vengano autostrade a quattro corsie; ben venga il ponte sullo stretto e persino il Frecciarossa Catania-Palermo. Ma prima, se vi avanza un po’ di bitume, quattro buche sulla circonvallazione di Catania io le tapperei.