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Cellulari usati come un’arma, i cui proiettili sono le foto di ragazzine nude o in pose sexy, sparate da una chat all’altra di whatsApp, ma anche su Facebook e via mail.

È successo a Scordia, nel Catanese, dove alcune giovani ragazze (che evidentemente avevano mandato in privato a qualcuno i loro scatti) sono diventate in pochi giorni il bersaglio di tutta la comunità locale. Una gogna mediatica fatta di insulti, soprannomi sconci e cattiverie. Per questo vergognoso episodio, in tre sono finiti nelle maglie degli investigatori di polizia Postale e carabinieri. Tre presunti responsabili a fronte di decine di colpevoli: quelli che hanno diffuso le foto sapendo di annientare delle persone, condannandole senza appello.

Gli stessi che magari nelle piazze virtuali del web adesso si indignano; che promuovono crociate per fermare il massacro, che accusano chi utilizza internet senza cautele e senza pietà. Nessuna differenza tra chi diffonde un virus e poi dice di battersi per debellarlo; tra chi ti offre la prima pasticca e poi ti dice che la droga fa male. Più che della generazione degli idioti, non so voi, ho paura di quella dei moralizzatori.

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