A dire il vero non mi stupiscono i dati pessimistici dell’indagine del Centro Pio la Torre di Palermo sulla percezione mafiosa in Sicilia, che ha avuto come campione oltre 2000 studenti.
Giovani a cui è stato chiesto se credono nelle Istituzioni, se pensano che lo Stato riuscirà a spuntarla sulla piovra e se hanno voglia di legalità. Non viviamo nel paese dei balocchi e dunque, come era facile intuire, uno su due vede sul podio la mafia, ma – ancor peggio – due su tre non credono per niente nella politica che ci rappresenta. L’unico dato che ci regala un piccolo sorriso è quello sulla speranza: il 31% del campione intervistato pensa che sia possibile sconfiggere definitivamente le cosche, sradicandole dal nostro territorio. È un dato importante, quest’ultimo, perché ci pone davanti la responsabilità di agire senza perdere tempo.
I giovani non credono in questa politica perché agisce poco e lo fa con i proclami: la lotta alla mafia, quella vera, la fanno le forze dell’ordine malpagate e non i ministri che intervengono quando il latitante di turno viene arrestato. I giovani credono che la mafia sia più forte dello Stato perché a volte, nelle periferie, sono le ‘famiglie’ a dettare legge e pagare gli stipendi. “La mafia ti parla, lo Stato no”, mi disse anni fa a Librino il nipote di un boss ammazzato il giorno prima. In sette parole è spiegato il fallimento dello Stato che parla solo nei salotti della TV, ma difficilmente mette i piedi nelle fogne. Soprattutto quando è ancora lontana la campagna elettorale.