Vendevano il corpo della figlia di appena 12 anni per farsi regalare buste della spesa, o ricariche telefoniche. La bambina era il ‘bancomat’ di due genitori catanesi scellerati, ignoranti e senza scrupoli. Quello che, nel gergo diplomatico degli investigatori e delle procure, viene definito “contesto economico e sociale degradato”.
Invece è giusto non parafrasare davanti a certi fatti e, anche qui, non cadere nell’errore di spiegare l’abominio con il fatto che i genitori della piccola fossero disoccupati e senza soldi, tanto da beneficiare delle regalìe di uno zio e di un amico, che però pretendevano di poter passare un po’ di tempo con la bambina in camera sua. Questa storia orrenda non l’avremmo mai conosciuta se un’altra parente non avesse scoperto alcuni messaggi dal contenuto erotico sul cellulare della piccola, e se non si fosse rivolta ai carabinieri.
Dalle carte dell’inchiesta saltano fuori dettagli agghiaccianti che ci raccontano come esistano autentiche favelas nelle periferie di una città di cui conosciamo, e non so fino a quanto, solo il salotto buono. Oltrepassato il muro invisibile dei quartieri alla moda c’è chi vende una bambina per un piatto di pasta; chi ne approfitta e chi, magari, per molto tempo ha fatto finta di non vedere.