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Ammettiamolo, la settimana che ci siamo lasciati alle spalle non è stata proprio delle migliori. La cronaca internazionale, con la strage di Bruxelles, ha incupito l’atmosfera pasquale. Respiriamo un clima di incertezza e di odio; di incomprensione e intolleranza. Fortuna vuole che ogni tanto un piccolo (grande) gesto riesca ad infonderci un po’ di speranza.

Mi riferisco al coraggio di Diego, un bambino di appena dieci anni che a Ragalna, nel Catanese, ha salvato i due fratellinib più piccoli dall’incendio che era divampato in casa e poi ha chiamato i soccorsi. Nell’epoca in cui la regola è pensare per sé e Dio per tutti, quasi ci stupiamo nel sentire un bambino che sostiene di “aver fatto solo quello che andava fatto”, senza troppa enfasi. In effetti, la normalità dovrebbe essere salvare la vita alle persone che amiamo; fare il possibile per scongiurare un disastro; alleviare le sofferenze di chi ci sta intorno. Ma tra il dire e il fare passa un abisso di egoismo e menefreghismo.

In fondo, per pulirci la coscienza basta scrivere due frasi ad effetto sulla pace e la fratellanza in un messaggio di auguri pasquali copia-incolla. La stessa solidarietà del “Siamo tutti Charlie”; siamo tutti di Parigi; siamo tutti di Bruxelles, ma solo su Facebook. Perché quando c’è anche un briciolo di rischio siamo tutti troppo impegnati.

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