C’è l’ex compagno geloso e violento che non sopporta la fine di una relazione tormentata, e per questo uccide la madre di suo figlio strangolandola in casa, a Misterbianco, alla presenza piccolo. C’è un presunto uomo d’onore che viene atteso dai killer sotto casa (stavolta a Fiumefreddo) e massacrato a colpi di arma da fuoco. C’è l’imprenditore agricolo di Vittoria accoltellato a morte da alcuni vicini di casa per questioni personali.
Tre piste di sangue nel giro di 48ore evidenziano tre tasti dolenti che da sempre ammorbano la nostra isola. Il femminicidio, che in Sicilia ha fatto segnare cifre spaventose negli ultimi anni; le esecuzioni di stampo mafioso, che si risvegliano all’improvviso anche dopo periodi di relativa calma; i regolamenti di conti tra agricoltori, che seguono la legge del coltello più che quella del diritto.
A volte credo che non abbiano tutti i torti quelli che non vedono salvezza in una terra bella quanto malata, tenace e allo stesso tempo rassegnata. E mi viene in mente Giovanni Falcone, quando diceva che la cultura della morte non appartiene solamente alla mafia, ma a tutta la Sicilia.
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