Un vigile del fuoco, Giorgio Saillant, viene massacrato a colpi di fucile da un marito geloso che sospetta interessi morbosi della vittima per la moglie. È successo a Vittoria, nel Ragusano, appena 48 ore fa e ben presto gli investigatori hanno chiuso il cerchio ottenendo la piena confessione del killer.
Non sopportava l’idea del tradimento e ha agito con la forza che hanno i deboli con un’arma in mano: sparando al nemico. Ora, è fin troppo facile commentare dall’esterno la linea fragile della ragione umana, ma mi chiedo solo cosa abbia pensato Saillant mentre un uomo gli rubava il futuro in un pomeriggio di una domenica qualsiasi. Mi chiedo se il pompiere avesse o meno qualche responsabilità nell’inquietudine esasperata del suo assassino e, anche se fosse, mi domando (conoscendo già la risposta) se valga la pena ammazzare un presunto rivale rovinandosi la vita per sempre.
Morte e amore, anche se la letteratura ci dice il contrario, non dovrebbero avere nulla a che vedere l’una con l’altro. Perché la Cavalleria rusticana ci basta vederla a teatro.