E’ una storia che calza a pennello in una Sicilia in bianco e nero, quella che parla dei proprietari terrieri di Vittoria, nel Ragusano, che schiavizzano le donne straniere, le ricattano e le usano come se fossero oggetti.
Eppure il ritratto è assolutamente attuale. Di recente se n’è occupato il settimanale l’Espresso con una lunga inchiesta, ma anche le testate siciliane hanno più volte provato a sfondare un muro di gomma, foderato di brutti vizi e omertà criminale. Risultato: poche ore di clamore per tornare al punto di partenza. Restano gli stupri, le gravidanze indesiderate interrotte a calci; restano le paghe da fame e le stalle all’interno delle quali le lavoratrici dei campi sono costrette a vivere, spesso con figli piccoli.
C’è un uomo, un sacerdote, che lotta da anni contro questo silenzio assordante. Si chiama padre Beniamino Sacco e offre riparo a tanti stranieri sfruttati, mettendosi di traverso agli interessi dei caporali, anche a costo di minacce di morte e atti intimidatori. Chiaramente a Vittoria, paesone da 62mila anime con la forte propensione al mutismo, quasi nessuno si impiccia dei fatti altrui. Del resto (e qui sta l’ipocrisia), se proprio si deve condannare qualcosa, ci sono gli stupri di Colonia.