In una Terra (la Sicilia) nella quale la mafia ha sempre preteso i posti migliori nelle istituzioni - dapprima comprando le campagne elettorali per conto terzi e poi forgiando i propri rampolli nelle università per destinarli agli scranni del potere – fingiamo di stupirci se la Commissione regionale antimafia ratifica che alcuni eletti al consiglio comunale di Catania avrebbero parentele dirette con soggetti mafiosi.
E’ una sorta di segreto di pulcinella davanti al quale i giornalisti catanesi, soprattutto quelli che ne masticano di giudiziaria e di politica, fingono di stupirsi a favore di telecamera quando dietro le quinte alcuni nomi si facevano da tempo. Ma visto che non mi sembra garbato essere l’unico a non meravigliarsi, proverò a rimettermi in carreggiata, chiedendo a me stesso come mai non siano state rivelate dalla commissione antimafia, se non i nomi, quantomeno le appartenenze politiche dei soggetti in questione. E sempre a me stesso chiedo se i comitati politici che hanno approvato le candidature, davvero non ne sapessero nulla delle famigerate parentele.
A Catania nessuno, prima delle elezioni, si preoccupa di verificare chi sta mettendo in squadra? O contano di più i voti, sempre e comunque? A chiederlo a loro, ai politici di professione, ti diranno che “l’integrità politica viene prima di ogni cosa” e che “nessuno sapeva”. A Catania nessuno sa, soprattutto quando non gli conviene.