C’è un polmone verde, a Catania, che si chiama Giardino Bellini: dovrebbe essere il tempio della sicurezza, considerato il numero di persone (comprese donne e bambini) che ogni giorno lo affollano, e invece siamo costretti a constatare che c’è persino chi riesce ad impiccarsi in uno dei vialetti principali.
E’ successo qualche giorno fa; la vittima è un uomo di 63 anni di Siracusa. Non ci interessa appurare i motivi del gesto disperato: il dato che mi fa riflettere riguarda invece la possibilità che situazioni estreme del genere accadano senza che nessuno se ne accorga e possa intervenire in tempo. Non stiamo parlando di un vicolo buio e sperduto della città, e nemmeno di un bosco isolato: la villa Bellini è un simbolo di Catania e andrebbe presidiata con più attenzione.
Oltretutto, la cronaca ci ricorda che appena qualche mese addietro, esattamente a giugno, sempre all’interno del giardino catanese è stato ritrovato il corpo carbonizzato di un uomo. Sono due episodi che certamente non hanno alcuna connessione tra loro, se non il fatto che chi è preposto alla sorveglianza di certi luoghi, dovrebbe sorvegliare un tantino meglio.