Spero davvero che il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, riesca a dimostrare – così come ha scritto ai suoi fedeli appena qualche giorno fa – che non c’entra nulla con il fiume di denaro scomparso dalle casse della curia per essere dirottato su conti correnti privati; prestiti ad personam a un prete schiavo del gioco d’azzardo; auto di lusso e servizi di piatti con i bordi in oro.
Non spetta a noi giudicare il peccato dell’ uomo – anche se è un vescovo, e prima ancora un prete – ma certamente queste brutte storie rappresentano un freno all’opera di riforma di Papa Francesco. E’ come tirare una coperta già corta da due lati opposti: Francesco impone sobrietà e misericordia, mentre le inchieste delle procure italiane fanno emergere speculazioni e vergogne, coperte anche con i soldi dell’otto per mille.
I responsabili forse fingono di ignorare che ogni scandalo che scoppia fa crollare una parte della fiducia degli italiani nei confronti della Chiesa. E’ come pugnalare alle spalle un genitore malato che alimenta migliaia di figli, alcuni dei quali veramente bisognosi. Ed è vergognoso accostare l’immagine dei poveri a cui viene sottratto un pasto, mentre un prete dilapida 225mila euro al casinò.