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controlli e paure per attentati

Mi fa sorridere amaramente l’idea che tutti – a parole – dopo gli attentati di Parigi non abbiamo fatto altro che ripetere (e ripeterci) di non lasciarci condizionare troppo dall’angoscia della minaccia terroristica.


Nei fatti, invece, un vortice di paura ci ha costretti a ridimensionare la nostra libertà. Decine di falsi allarmi, trovate di cattivo gusto da parte di buontemponi e psicosi, poi, hanno contribuito a completare l’opera. Volenti o nolenti dobbiamo ammettere, anche a denti stretti, che i terroristi sono riusciti a condizionarci. Nelle grandi metropoli ci si guarda le spalle: Roma e Milano sono presidiate come se ci trovassimo in guerra, e anche nei grossi centri siciliani si respira un’aria pesante. Ai posti di blocco vieni circondato da militari con il mitra in mano. A Palermo se vuoi entrare a teatro, così come nelle cattedrali, devi essere prima perquisito al metal detector.

In tanti preferiscono evitare gesti che fino a due settimane fa sarebbero stati scontati e ordinari, come fare una passeggiata in centro. Mi auguro che la psicosi passi presto perché, in fin dei conti, vivere nell’angoscia di venire uccisi dai terroristi è come non prendere un aereo per paura che cada. La paura c’è sempre, ma se vince lei abbiamo perso noi.