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Ucciso per il wifi

Troppe ore davanti al computer; una mente già turbata da una malattia. Tante – troppe – liti sempre per lo stesso motivo. Lui, Francesco Bologna, 70 anni, non voleva che la figlia 38enne Stefania stesse sempre collegata su internet. Un crescendo di urla e parolacce, divenute purtroppo coltellate e morte.


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La cronaca di ieri ci parla del massacro di un padre da parte della figlia. Un assassinio consumato in un appartamento nel cuore del Comune di Carini, 38mila anime, in provincia di Palermo. Chi conosce la famiglia Bologna dice di essere abituato alle urla e ai litigi. L’aspetto veramente difficile da tollerare, pur comprendendo che in questa storia incida e non poco il disagio psichico dell’assassina, è che tutto sia accaduto per la paura di perdere internet, e quindi ogni contatto con il mondo.

Ma se internet, e i social network, sono divenuti ormai l’unico collante tra una fascia della società e il mondo, vuol dire che qualcosa è irrimediabilmente naufragato. E non è giusto fingere che non ci siano responsabilità; è troppo facile scaricare tutto il peso di questo terribile delitto su una patologia mentale. Gli emarginati, assassini di oggi, sono le vittime di chi li ha esclusi ieri: vittime della società che scarica i più poveri, i diversi, quelli “strani”. La stessa società che guarda dal balcone una donna stravolta uscire in manette, e si auto compiace di aver sempre tenuto a distanza l’assassina.