Non c’è che dire: il 2015 sarà ricordato come l’anno orribile di Rosario Crocetta. Gli si contestano errori politici; eccessivo “cerchiobottismo” quanto alla composizione della sua variopinta maggioranza, e ieri si è aggiunto anche lo scivolone mediatico all’interno nel nuovo reparto malattie metaboliche dell’ospedale palermitano Di Cristina, dove il ‘Presidente dei siciliani’ ha interrotto le preghiere e le lacrime di una giovane madre disperata per le sorti di suo figlio di dieci anni con un applauso e qualche battuta.
Tanto per allontanare dubbi che non esistono: siamo certi che Crocetta abbia agito pensando di stemperare la tensione palpabile che si registrava in un reparto popolato da bambini tanto piccoli quanto malati. Non siamo certi però che il Governatore abbia compreso lo sbaglio spazio-temporale per dare vita al suo piccolo show. Errore mediatico che forse – se non avesse epurato tutto l’Ufficio stampa della Regione, scherziamoci un po’ – anche l’ultimo dei giornalisti avrebbe potuto suggerirgli di non commettere.
Ma, si sa, la dietrologia non serve a nulla e ora Super Rosario paga pegno. Ad accusarlo per primo non è stata la stampa, ma il padre del bambino, che ora pretende le scuse ufficiali. Non occorre la sfera di cristallo per predire che arriveranno, e forse non solo quelle, prima che il gallo canti due volte; così come le accuse ai soliti corvi gracchianti (vale a dire noi giornalisti), buoni solo a strumentalizzare ogni cosa. Guardo Crocetta, ascolto le sue scuse, e penso – per citare George Bernard Shaw – a un ubriaco che si attacca ai lampioni. Non per farsi illuminare, ma per farsi sostenere.