Una donna di 75 anni, Amalia Ruccella, conosciuta da tutti come la generosità fatta persona, viene trovata morta in una pozza di sangue; colpita alla testa con una bottiglia e sgozzata nella sua piccola abitazione nel cuore di Calatabiano, in provincia di Catania.
Ventiquattr’ore dopo, Paolo Cartelli, l’uomo che ora è in stato di fermo con l’accusa di omicidio, si costituisce ai carabinieri con lo sguardo basso e prova a difendersi dicendo che l’ha fatto perché l’anziana gli doveva la cifra ridicola di 10 euro. Chiaramente è la prima versione e ha il sapore paradossale della presa in giro, tipica di chi prova a giustificare l’orrore con la pretesa di un diritto, liquidando come un incidente il massacro. Tra le stradine del centro di Calatabiano, silenziosissime solo quando si rischia la pelle o si parla di mafia, adesso in molti hanno tanto da dire.
Si respira l’indignazione, lo stupore. Qualcuno concede a favore di telecamera persino qualche lacrima. Del resto i piccoli palazzi sono vicinissimi; tutti si conoscono, tutti sentono, tutti raccontano. Ma la sfortuna beffarda gioca sempre brutti scherzi, perché il massacro di Amalia Ruccella non l’ha sentito nessuno. La donna che aiutava i bisognosi, donando spesso e volentieri una parte della sua pensione, era sola nel momento più triste: uccisa per il denaro che per lei aveva così poco valore.