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Orioles e la radiazione che non c'è

Un titolo ad effetto è un titolo ad effetto, non c’è che dire. E quando un giovane giornalista legge che Riccardo Orioles - firma evocativa di grandi imprese antimafia nell’isola di cannoli, pizza, pizzo e mandolino - sarebbe stato radiato dall’Ordine dei giornalisti di Sicilia per non aver pagato alcune quote annuali, il primo istinto è quello di indignarsi per partito preso.

Poi però subentra un barlume di raziocinio, e quelle polverose nozioni sciorinate in anni di professione (come la verifica delle fonti) prendono il sopravvento imponendo un faticosissimo impegno: alzare il telefono e fare due chiamate, prima di scrivere minchiate. E così si conosce anche un’altra versione della vicenda, molto meno brutale nei toni e nei modi. Si apprende che Orioles non è stato radiato; che l’Ordine gli ha notificato più volte in questi anni gli arretrati da pagare ma che ultimamente gli sarebbe anche stato chiesto se avesse intenzione o meno di rimanere iscritto all’albo. Inutile precisare che una richiesta simile sottintenda al pagamento, ininfluente da parte di chi, di ciò che deve essere pagato per rimettere i conti a posto.

Probabilmente la seconda versione della storia è interessata a pochi; eppure sarebbero bastate al massimo tre telefonate per avere un quadro bilanciato della vicenda. Forse la denuncia “urbi et orbi” di Claudio Fava (che, ricordo a me stesso, gode di insindacabilità parlamentare, oltre ad essere un giornalista) ha convinto i più, ma una sola voce non basta per sparare fucilate sul web garibaldino dell’indignazione saccente. “Filosofi rivoluzionari” si indignano se vogliono radiare Orioles perché non può pagare la quota annuale, ma non per il fatto che un’icona del giornalismo come Orioles non abbia un lavoro che gli permetta di pagarla. Misteri della fede.