Siamo ormai abituati all’idea che, nel mondo politico e istituzionale, quando qualcuno scava troppo in fondo - o più semplicemente fa il proprio dovere - rischia ripercussioni, estromissioni, vendette squallide.
I tipici “bastoni tra le ruote” che l’arroganza del potere dissemina per scoraggiare i rompicoglioni di turno. Purtroppo, a quanto si apprende, anche il Vaticano non è esente da questi giochetti e lo ha dimostrato di recente, facendo sapere alla redazione di Repubblica che il suo inviato non è stato ammesso all’interno dell’aereo papale in occasione del viaggio di Francesco a Cuba e negli Stati Uniti, in agenda per il prossimo 19 settembre. Il portavoce della Sala stampa vaticana ha riferito, dopo una prima scusa legata a ragioni burocratiche, che il motivo dell’esclusione sia collegato alla pubblicazione in anteprima (da parte del settimanale l’Espresso, collegato a Repubblica) dell’enciclica sull’ambiente di papa Bergoglio.
Il quadro sembra chiaro, nella sua tristezza, e suona più o meno così: “tu fai il tuo lavoro, anticipando notizie e non limitandoti a seguire i nostri schemi e noi ti puniamo, escludendoti”. Mi sembra inaccettabile un comportamento simile, ma non solo per l’affronto alla dignità di chi lavora, quanto per il fatto che il Vaticano adotti metodi da prima repubblica. E se papa Francesco ignora che nel suo staff si consumano atteggiamenti pseudo-mafiosi, forse farebbe bene a guardarsi le spalle.