Tre Procure siciliane, pochi giorni dopo l’immediata smentita di Palermo, si affrettano a comunicare che l’intercettazione “incriminata”, quella cioè tra l’ex primario palermitano Tutino e il presidente della Regione Crocetta, non esiste.
Non esiste tra gli atti di Caltanissetta; né tra quelli di Messina e a Catania il facente funzioni Michelangelo Patanè si è limitato seccamente a dire che, per quanto ne sa lui, “la risposta è negativa”. Quindi ci troviamo di fronte a due strade. Da una parte la leggerezza imperdonabile di una delle più autorevoli testate italiane, abbagliata da uno scoop poi non così tanto “verificato e verificabile”. Dall’altra l’ipotesi che questa presunta intercettazione sia stata davvero captata (chissà da quale forza in campo, probabilmente prima di ogni autorizzazione formale) e sciorinata sotto il naso non solo dei cronisti dell’Espresso, ma anche – e soprattutto – di Lucia Borsellino e della sua famiglia, su carta intestata dei carabinieri. Chi sostiene questa pista ritiene anche che qualcuno si sia mosso per cancellare le tracce e far sparire ogni prova dopo il 19 luglio. Qualcuno che, come si legge in una ricostruzione inedita del quotidiano online Fanpage, “non si vedeva in Sicilia dai tempi di Andreotti”.
Apparentemente, dunque, uno o più “benefattori” avrebbero prima diffuso una notizia scottante; fatto esplodere una bomba mediatica e poi ripulito la scena dalle prove. Se fosse davvero questo lo scenario, ci sarebbe davvero da preoccuparsi. Perché dovremmo credere che i manovratori occulti esistono davvero e sono tornati in azione. Anzi, che forse non hanno mai smesso di agire.