E’ sempre la stessa storia: sulla carta siamo tutti uguali, ma a quanto pare c’è qualcuno più “uguale” degli altri.
Prendo come spunto la vicenda che ha come protagonista il patron del Napoli, Aurelio De Laurentiis, venuta fuori solo grazie al coraggio di un sindacato di polizia. Secondo quanto si legge nella nota sindacale, De Laurentiis, arrivato con il suo team all’aeroporto partenopeo, avrebbe prima preteso di passare da un varco riservato (non certo a lui) e poi si sarebbe rivolto a un agente di polizia pretendendo che fosse lui a portargli i bagagli. L’agente usa le buone (chissà perché) e spiega all’imprenditore che questo non è il suo compito; per tutta risposta si becca una gomitata alla gola. Se fosse successo a un povero cristo, certamente sarebbe stato arrestato all’istante e messo in croce. Ma De Laurentiis incarna lo stereotipo del “lei non sa chi sono io” e viene persino coperto dalla Questura.
Va da sé che tutto il mondo è paese: succede a Napoli, come a Milano, e non di meno a Catania. Il problema è chiaramente a monte e mi fa incazzare, scusate il francesismo, doppiamente. Da un lato non sopporto che la spocchia di certi “Paperoni” ricada sulla gente che lavora (in questo caso un poliziotto); dall’altra è vergognoso che per gesti molto meno gravi si applichi il pugno di ferro nei confronti dei comuni mortali. E’ solo una questione di dignità istituzionale e non ci vuole tanto a capirlo. Basterebbe solo staccare la lingua dalle terga dei soliti noti, e azionare il cervello.