Non potrò mai dimenticare lo scontro feroce che mi costrinse, molti anni or sono, a lasciare l'Università di Catania e laurearmi altrove. Erano gli anni dei baroni e della prepotenza: anni bui che credevo ormai quasi del tutto archiviati. Poi arriva una nota della Procura, che racconta dell'ennesimo scandalo, questa volta sessuale, che coinvolge un professore di medicina, e il senso di nausea torna prepotente; un po' come nel 2009 per il caso del "pornoprof" Elio Rossitto (che ha patteggiato 2 anni e sei mesi).
Il medico in questione si chiama Santo Torrisi; per gli investigatori avrebbe sottoposto a violenza sessuale almeno 7 studentesse dal 2010 al 2014. Lo schema è quello già collaudato: "Tu fai la carina con me e io ti aiuto". Oppure magari peggio: "Se non mi assecondi non vai avanti". Forte della cattedra e del potere, il professore (dicono le ragazze) si faceva i suoi porci comodi.
Almeno fino a quando qualcuno non ha deciso di dire basta, raccontando episodi precisi ai magistrati. Se Torrisi è colpevole lo decideanno i giudici e non certo i giornalisti. I giornalisti però possono fare bene il proprio lavoro e andare a fondo senza sconti: perché i giovani hanno diritto di apprendere le basi per il proprio futuro da professori autorevoli, non da baroni spocchiosi che usano la cattedra come un'arma di ricatto.