Qualche giorno fa mi è capitato di leggere una delle tante frasi riportate sugli striscioni in memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Recitava pressappoco così: “Volevate seppellirci ma non sapevate che eravamo semi”.
Queste parole mi sono tornate in mente ieri, quando ho letto alcuni stralci delle lettere che i bambini dell’istituto De Gasperi di Palermo hanno scritto di loro pugno e indirizzato virtualmente ai boss mafiosi. In quelle poche righe colorate c’è tutta la potenza del messaggio sullo striscione: i semi di legalità e i primi frutti. C’è chi scrive al latitante Matteo Messina Denaro per domandargli se sa quanto male ha fatto; chi si rivolge agli autori delle stragi, chiedendo quale sia stato il senso di tanto dolore. Chi si apre alla speranza e scrive: “So che ognuno di voi ha qualcosa di buono in fondo al cuore. Anche se è poco sfruttate questo piccolo bene".
Loro sono piccoli studenti che hanno le idee chiare sul concetto di mafia; che mettono nero su bianco il loro disappunto, la loro indignazione, che riescono persino a ipotizzare la redenzione e il perdono. Dieci anni fa tutto questo sarebbe stato inimmaginabile, probabilmente perché la terra non era ancora pronta ad accogliere quei semi di legalità che ora lentamente germogliano. Il compito della nostra società è quello di farli crescere bene, perché sono frutto di un prezzo che nessuno dovrà più pagare.