A qualche candidato probabilmente la tv spazzatura ha fatto male; qualcun altro invece ha solo pessimo gusto. Altri ancora dovrebbero rinunciare al sogno della politica per darsi al cabaret.
Lo spunto per questa riflessione quotidiana me l’hanno dato alcuni santini elettorali raccolti sapientemente su internet da qualche sito di informazione. In pochi centimetri di carta patinata lucida ho letto trovate pubblicitarie da fenomeni da baraccone; promesse di lavoro da fanfaroni in stile prima Repubblica e caffè pagati al bar. La sequela di slogan fantozziani è infinita e incarna, proprio come il personaggio simbolo della mediocrità interpretato da Paolo Villaggio, un mix tra comicità e tristezza; goffaggine e sconforto. E non posso non immedesimarmi negli elettori che cederanno alle lusinghe di certi personaggi che si firmano “professionisti dell’antimafia”; di chi si candida tra le fila dei “pescatori di pace”, e chi si fa ritrarre con la ramazza in mano.
A vederli lì, stampati sui manifesti, sono tutti padri di famiglia; sono generosi e altruisti, ti offrono la colazione al bar. Ma come in Cenerentola, l’incantesimo svanisce presto. A chiusura dei seggi chi si è visto si è visto e il cappuccino se lo vuoi te lo paghi. A noi comuni mortali resteranno però le loro faccione impresse sui santini: truccate al punto giusto, ritoccate al punto giusto. Pronte ad adattarsi a nuove coreografie, in attesa della prossima tornata elettorale.