Chissà quanti trafficanti internazionali di droga, papponi, mafiosi, criminali incravattati, estorsori indossano quotidianamente un orologio Rolex. Lo fanno per ostentare un simbolo di ricchezza, o più semplicemente perché gli piace e basta.
Ognuno con i suoi soldi (puliti o meno) può fare quello che vuole. Il dato è di per sé poco rilevante, ma lo diventa se un’azienda seria come Rolex decide di scendere al livello di chi l’accusa di essere “brand” per i violenti scesi in piazza a Milano in occasione della manifestazione No Expo. Tutto parte dalla foto del polso di una manifestante incappucciata, che lascerebbe intravedere proprio un orologio della nota fabbrica di Ginevra. Apriti cielo: ieri mattina la stampa nazionale è stata tempestata di avvisi a pagamento con nette prese di distanza dell’amministratore delegato di Rolex Italia, Gianpaolo Marini, stizzito dall’accostamento del marchio con i “distruttori di vetrine”.
Marini fa male a tirare in ballo, a ferita ancora aperta, la vergogna di Milano e qualche malizioso potrebbe pure pensare che le polemiche siano strumentali. Io non sono certo tra questi: mi limito a credere che un Rolex non identifichi un violento o un cretino, e a sperare che Rolex non abbia bisogno dei violenti e dei cretini per far parlare di sé.