Ammetto di non seguire con particolare passione il calcio. Non per questo, però, non stimo chi crede nello sport o ha una sana passione per una squadra, tosto che per un'altra. Ecco perché, quando sento che un derby di calcio si trasforma in un campo di battaglia; quando mi immedesimo nello stato d’animo di tifosi innocenti che si ritrovano coinvolti nel lancio di bombe carta e scontri armati, provo una tristezza infinita.
E’ come ammettere un fallimento globale della civiltà contro l’insensatezza; la sconfitta dei valori e il trionfo della bestialità. Ogni volta che accade, mi chiedo come sia possibile darla vinta agli imbecilli. Gli imbecilli non hanno bandiera, tirano i sassi. Non hanno fede, lanciano fumogeni e bombe carta. Non puntano un nemico ma sparano sul mucchio e se ne fottono di colpire i bambini.
Chi difende questi esseri chiamandoli “tifosi” è solo un criminale, complice e ottuso. In questo scenario di vergogna bisogna però anche riconoscere la peggiore sconfitta: quella dello Stato. Perché è vero che le forze dell’ordine a Torino hanno scongiurato una catastrofe, ma è anche vero che qualcuno è riuscito a entrare allo stadio in tenuta da guerra. Colpa del caso? Fatalità? Dubbi amletici che lasciano in bocca un saporaccio amaro, di marcio. Perché il calcio non è più uno sport per tutti, ma un’esperienza estrema. Le tv a pagamento ringraziano.