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orrore a Paternò

Nella mentalità troglodita siciliana ci siamo ormai quasi assuefatti a sentire che una donna sia di Tizio o di Caio, come fosse una macchina o una villetta al mare. Qualcuno limita il “possesso” alla dialettica, qualcun altro invece supera ogni regola e sprofonda nella follia dell’omicidio per fare piazza pulita del rivale.
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A Paternò, nel Catanese, è successo pochi giorni fa. Solito copione: una donna perseguitata dopo la fine di una relazione, l’odio per il nuovo compagno, l’esecuzione a sangue freddo e l’appoggio di due complici. A ricostruire i dettagli di una notte di follia ci hanno pensato i carabinieri, che poche ore fa hanno arrestato Massimo Distefano e Giuseppe Sciurello, i due fiancheggiatori di Ignazio Sciurello: killer, ora latitante, del 32enne Massimo Pappalardo. Questo giovane è stato prima ucciso a colpi di pistola e poi bruciato dentro la sua auto in una vallata.

Trattamenti così atroci si riservano ai traditori e hanno più il sapore di mafia che della vendetta per amore. Ma in fondo in questa storia, almeno da parte dell’assassino, d’amore non c’è traccia. L’amore è solo una scusa per coprire la bramosia di possesso e l’ira per il rifiuto. Gesti del genere ricacciano la nostra società indietro di cent’anni, come se non fossimo già sufficientemente arretrati.