Non riesco nemmeno a immaginare le sensazioni di un pilota di aereo che sa di avere i minuti contati. Che sa di non poter più riabbracciare la moglie e le figlie e comunque mantiene fino all’ultimo la calma per risparmiare a 146 persone quell’atroce sensazione di impotenza e terrore.
Le ultime notizie, anticipate ieri dal New York Times sullo schianto del boeing di Germanwings ci raccontano due facce della stessa divisa. Da un lato la follia di un giovane copilota intenzionato a schiantarsi al suolo per fare una strage; dall’altro il coraggio di un comandante che prova a sfondare la porta della cabina di pilotaggio, e quando capisce che ormai non c’è nulla da fare ordina all’equipaggio di non seminare il panico per non rendere tutto ancora più tremendo. A noi resta il dopo: i rottami sparsi per chilometri; gli oggetti personali di gente comune; i souvenir di una scolaresca di ritorno da una gita. Tutti frammenti di un orrore evitabile, di un destino beffardo e dell’impotenza umana davanti a un pazzo al comando.
Un uomo della cui follia però nessuno, all’interno della compagnia aerea tedesca, sembra essersi accorto. E c’è da chiedersi a questo punto se i controlli psico attitudinali siano eseguiti in maniera seria o meno da chi ha il dovere di garantire l’incolumità di centinaia di passeggeri che affidano la propria vita a due persone. Due opposti nella scala dei valori: il buono e il cattivo; il coraggioso e il codardo. In mezzo ci sono centinaia di vittime e centinaia di dubbi. Tutti ancora da chiarire.