Capita molto di rado vedere 60 giovani universitari attenti per tre ore di fila di fronte a un tavolo di relatori. A me è successo solo una volta, ieri pomeriggio.
L’occasione è stata il primo appuntamento degli “Zammù days”, un laboratorio universitario che ha lo scopo di far conoscere agli studenti la radio dell’Università di Catania, mettendo i ragazzi a confronto con gli addetti ai lavori: quelli che della radio hanno fatto la propria professione. Non so perché, ma ho ripensato a un dato tremendamente reale, e cioè che tanti anni fa (potrei dire ai miei tempi) era davvero impensabile immaginare un parallelismo tra teoria e pratica: l’Università offriva nozioni esclusivamente teoriche e i docenti baroni declinavano le loro lagnose lezioncine.
Per fortuna la musica inizia a cambiare; ma l’impegno di un gruppo di professori tenaci, di imprenditori volenterosi e di studenti caparbi non basta. Non può e non deve essere il punto d’arrivo. Le Istituzioni devono capire che senza investimenti e innovazione l’Università muore. Basta guardare il panorama accademico europeo o quello americano per comprendere che senza esperienza sul campo la teoria serve a poco. Ogni tanto i giovani ci credono e hanno il diritto di coltivare i propri sogni. E chi può ha il dovere di realizzarli.