Come definire quattro ragazzini che, annoiati dal logorio della propria inutilità quotidiana, rapinano un transessuale catanese e poi, per sfregio, lo arrotano con i motorini? Meglio non definirli affatto, rischierei di farmi revocare l’incarico dal mio fin troppo indulgente editore.
Il dato di cronaca però c’è, ed è preoccupante. In molti mi scrivete che nell’editoriale dò ampio spazio alle notizie negative: morti, feriti, neonati uccisi da malasanità e malapolitica, brutalità varie. Per qualcuno dovrei forse occuparmi di cose più frivole: lasciar perdere i capitali trafugati in Svizzera e, che ne so, ad esempio anticiparvi – come ha fatto Striscia – il prossimo vincitore di Masterchef. Oppure parlare della borghesia intellettuale isolana. Ma purtroppo, se non ce ne fossimo accorti, non viviamo a Bolzano e il tasso di violenza che quotidianamente si registra sotto i nostri occhi supera i riferimenti porno sull’Isola dei Famosi.
Quello che è successo ieri notte a due passi dalla stazione di Catania è inquietante e odioso. Inquietante, per il fatto che a rapinare fossero quattro mocciosi, due dei quali ancora minorenni. Odioso, perché ai baby criminali (poi fermati dalla polizia) non è bastato mettere segno il colpo: si sono accaniti sulla vittima, trascinandola a terra e travolgendola sadicamente con gli scooter, fortunatamente senza ucciderla. Chiaramente dietro episodi simili c’è un baratro nell’educazione familiare. E’ questo il tasto dolente di tutta la storia: senza scuola e senza valori, stiamo allevando una generazione di mostri.