In Sicilia siamo abituati a tutto, figuriamoci ai paradossi. Dunque, nessuno si stupisca se il leader della Lega Nord – un partito che nel bestiario dei suoi slogan più recenti avrebbe voluto scaricare il sud Italia come un ferro vecchio – decida di fare la sua marcia trionfale a Palermo, a caccia di voti ‘terroni’.
Certo, qualcuno non ha accolto Matteo Salvini con baci e abbracci: è volato pure qualche cetriolo. Ma, di contro, sono stati molti quelli che hanno apprezzato il novello Alberto da Giussano dell’epoca di Twitter, vestito con una felpa inneggiante alla Sicilia, ingozzarsi di cannoli alla ricotta che manco Cuffaro dei tempi migliori. Ridiamoci su. La vera immagine che mi ha trasmesso la visita di Salvini è quella del conquistatore a caccia di allocchi. Un po’ come i colonizzatori del ‘500, che prendevano per i fondelli gli indigeni offrendo biglie di vetro in cambio di oro e pietre preziose.
Noi, in Sicilia, di ori e gioielli non ne abbiamo, se non quelli sequestrati ai boss mafiosi. In compenso abbiamo tanta fame, e non solo di pane. Sogniamo di uscire dalla fogna della disoccupazione galoppante; sogniamo di avere strade e ferrovie decenti. Sogniamo il progresso che vediamo al nord. Ma lì resta, insieme ai treni ad alta velocità e internet 4G. Il nostro “oro” è il voto che siamo in grado di offrire a tempo debito. Ognuno lo spenda come meglio crede, sia chiaro. Ma occhio a non dare il culo per due biglie di vetro colorate e quattro cannoli.