Tornare due volte sullo stesso argomento non è generalmente mio costume. Ma sulla sparatoria che ha portato alla morte di un giovane rapinatore e al ferimento di un suo complice in un’area di servizio della tangenziale catanese, forse c’è qualcos’altro da dire.
Premetto che non ho ancora visto i filmati delle telecamere di sorveglianza del benzinaio. Non so dire, dunque, con precisione assoluta come siano andate le cose. Di certo, per molti anni ho frequentato i poliziotti: quelli che stanno in mezzo alla strada per 1300 euro; quelli che rischiano tutto, quelli che danno l’anima. Ne ho conosciuti altri corrotti e farabutti, ma vi assicuro che sono molto pochi e quasi sempre ho dovuto poi scrivere del loro arresto: leggendogli in faccia la vergogna del tradimento.
La tragedia dell'area di servizio è un fattaccio che impone accertamenti scrupolosi, sia chiaro, ma che alimenta anche le frenesie di ultra-garantisti a caccia di consensi. Li porta a diventare improvvisamente detective di CSI per pontificare, seduti al sicuro davanti al pc, sul perché un agente che si vede puntare addosso un’arma non abbia capito che era finta; perché non si sia fatto sparare per primo; perché non abbia pensato (tutto in poche frazioni di secondo) che c’erano le telecamere di sorveglianza e quindi sarebbe potuto andare a prendere a casa i banditi, lasciandoli fuggire serenamente con la loro auto rubata. Col senno di poi siamo tutti bravi; tutti eroi; tutti pacifisti. Anche chi usa le armi per minacciare, rapinare ed estorcere denaro alla povera gente. Ma dimentichiamo che se non ci fossero quelli che sparano, minacciano e uccidono per professione non ci sarebbe nemmeno il poliziotto con la pistola in mano. E non dovremmo interrogarci sul perché (o per difendere chi) ha premuto quel dannato grilletto.
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