Parliamoci chiaro: per qualcuno, a Catania, la legge è un reato. Sembra paradossale ma è così. Se non fosse così non sarebbe nemmeno concepibile pensare che un vigile urbano possa essere preso a colpi di spranga in testa solo perché ha cercato di far rispettare le regole.
Fiera di Catania: un giorno come un altro della settimana. Solita gente; soliti abusivi intoccabili che vendono Gucci e Hogan e Rolex fasulli; solito casino. Un ispettore della polizia municipale si sventura a fare il proprio dovere. Già, osa chiedere a un commerciante, assegnatario di uno stallo, di non oltrepassare la linea bianca segnata per terra. Il motivo è semplice: lo spazio extra “conquistato” abusivamente dal furbo di turno viene sottratto a qualcun altro, ugualmente legittimato a lavorare. Ma al vikingo catanese la parola legalità non sarà andata a genio, ragion per cui ha prima – con grande delicatezza – lanciato una cicca di sigaretta accesa addosso al vigile urbano, e poi – per assicurarsi di far comprendere le sue ragioni – ha afferrato un’asta di ferro e lo ha colpito più volte in testa con qualche parolina di accompagnamento. Fortunatamente l’ispettore è stato soccorso in tempo: ne avrà per 15 giorni.
L’elegante esercente commerciale sta invece tenendo lezioni di bon ton nel carcere di Piazza Lanza. Sarebbe fin troppo facile commentare un fatto così odioso, per cui la faccio breve. Questa città la amo ma mi fa schifo, segue logiche perverse che non condivido ed esalta modelli sbagliati. La legge che conosco e riconosco è una sola: quella del diritto. Chi crede nella legge della spranga, la assimili come (e dove) meglio crede.