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Aldo Ercolano

Avevo poco più di ventidue anni la prima volta che una persona, nella fattispecie un magistrato, mi parlò di “geometrie variabili” per definire l’approccio dello Stato con la mafia.

Lì per lì non capii bene il collegamento, ma simulai un’espressione tra lo sdegnato e il sarcastico, come per dire: “ho capito come vanno le cose in Sicilia”. Oggi, leggendo della revoca del carcere duro (la seconda in sei mesi) per il boss Aldo Ercolano – killer di Pippo Fava, ritenuto dalla Direzione nazionale antimafia, e non solo, il capo di Cosa Nostra catanese – è come se rileggessi quella frase con un suono e un peso nuovo. Eppure è proprio così: Ercolano, sottoposto fino a qualche mese fa al 41bis, per il Tribunale di Sorveglianza di Roma non merita queste restrizioni perché non ci sarebbero nuovi elementi che confermino la sua leadership mafiosa.

Un "peso" criminale che sbuca però da un’intercettazione dell’operazione Reset datata 2013, nella quale alcuni affiliati riuniti in un centro scommesse sottolineano il dominio assoluto di Nitto Santapaola e Aldo Ercolano sulla famiglia. Quanto pesino realmente queste parole non è dato saperlo. Ma mi sia concessa una riflessione: se è vero che nel 2013 Ercolano comandava la cosca mentre si trovava al 41bis, adesso che gli è stato revocato cosa succederà? Chiediamolo ai maestri delle “geometrie variabili”.