Ogni tentativo di suicidio mi infonde sempre un senso di sconforto misto a rabbia. Ancor di più quando scopro che a tentare di togliersi la vita è un ragazzino di appena 15 anni. E’ successo stamani a Catania: l’adolescente, intorno alle 7, si è affacciato dal quinto piano del suo palazzo e si è lanciato nel vuoto, fortunatamente salvandosi la vita.
Non si sa ancora cosa abbia potuto far scattare un corto circuito simile nella mente di un ragazzo così giovane: troppo giovane per la crisi economica, per i debitori e le cartelle di Equitalia, eppure così tremendamente afflitto. Il dato da segnalare – quello che inquieta di più – è che negli ultimi mesi sono troppi i suicidi da parte di giovanissimi: chi si ammazza perché è rifiutato in amore; chi perché non è accettato dai compagni; altri perché temono di rivelare la propria omosessualità ad amici e genitori.
Ogni storia è una storia di dolore che merita rispetto ma impone una riflessione. Questa società ha delle responsabilità enormi che non può far finta di nascondere come la polvere sotto il tappeto. E’ una società dell’apparenza, che impone Gucci e Prada anche ai ragazzini di scuola media: chi può permettersi il lusso è dentro una piccola casta, gli altri restano fuori. E’ una società gretta, dove il diverso diventa il bersaglio privilegiato dei gruppi che si aggregano. E’ una società senza barriere e orari, dove tutto è Facebook e chat: siamo ultraconnessi ma tremendamente soli. E il calore di un abbraccio sincero, quando un amico sta per fare una cazzata, non ha lo stesso effetto di una emoticon sul display.