Non avendo una sfera di cristallo non posso sapere se le condizioni di salute del boss Totò Riina siano o meno così tanto gravi da risultare incompatibili con il regime carcerario. Se fosse realmente accertato, in maniera inconfutabile e rigorosa, il dettame della Cassazione sulla “morte dignitosa” dovrebbe valere anche per lui.
In questi giorni il dibattito ha infiammato l’opinione pubblica assumendo picchi di violenza verbale inauditi, al punto da farci dimenticare che viviamo in uno Stato di Diritto: quello Stato di Diritto per i cui princìpi e valori le vittime di mafia hanno donato la propria vita. Se così non fosse, se valesse indistintamente la legge del taglione per tutti i criminali, non vedo in che modo potremmo definirci diversi da loro. Personalmente non ho mai creduto al principio, per lo più cinematografico, secondo il quale devi diventare cattivo per dare la caccia ai cattivi.
La morte dignitosa non si applica a chi non ha una vita dignitosa, scrivono in molti. Io penso che affermare la supremazia di un principio costituzionale sulla vendetta, anche nei confronti dei mafiosi, sia il modo migliore per dimostrare che non siamo come loro.