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“suicidio”=“suicidio“

Di certe notizie saremmo quasi tentati di non parlare, perché sono crudeli e a tratti surreali. Ma rappresentano un volto, certamente uno tra i più brutti, della nostra società e meritano qualche riflessione in più rispetto alla semplice cronaca.

Appena due giorni fa si è discusso della morte di un militare americano di 28 anni, travolto da un tir lungo la tangenziale di Catania. Un fatto terribile che ha assunto delle sfumature diverse nelle ultime ore: sembra infatti che il giovane si sia volontariamente lanciato sotto l’autoarticolato per la vergogna di aver violentato poche ore prima una donna che sarebbe riuscita a sfuggirgli, denunciando tutto ai carabinieri.

Violenza e vergogna sono due costanti nella cronaca siciliana: basti pensare che l’ultimo episodio risale ad appena una settimana fa, quando un 60 enne di Trabia si è tagliato la gola dopo aver tentato di uccidere il figlio. Dietro a quello che noi non addetti ai lavori chiamiamo ‘raptus’, certamente c’è molto di più: c’è un baratro di fragilità, disagi, silenzi, apparenze. Segnali a volte improvvisi, altre volte colpevolmente sottovalutati.



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