Ci mancava anche la storia delle matite indelebili, di nome e non di fatto, per infarcire l’argomento referendum dell’elemento “brogli”, tanto caro agli italiani. Che l’allarme sia serio o meno (evito di esprimermi in merito), lasciamolo decidere a chi è preposto a farlo.
In ogni caso, e a prescindere dalle eventuali ‘furbate’, ci siamo messi alle spalle una campagna referendaria feroce, contraddistinta da toni a volte insopportabili e da interessi politici sullo sfondo. Gli elettori stavolta hanno risposto bene alla chiamata alle urne, e questo è un dato lodevole. Avrebbero potuto farlo anche in occasione al referendum sulle trivelle, ma a quanto pare in quella circostanza non conveniva a nessuno ribadire ai cittadini che il voto è un diritto ma anche un dovere. Cosa succederà da domani, non è dato saperlo. Scrivo questa riflessione quando ancora il risultato del referendum non è noto.
Mi auguro solo per il futuro che l’Italia impari a vedere il cambiamento come un percorso e non come una destinazione; che gli italiani si sforzino di studiare le riforme prima di fidarsi dei politici da salotto, degli imbonitori e dei contestatori di professione. Perché la casta politica, tutta, in un modo o nell’altro se la caverà sempre; il popolo elettore conta davvero pochi giorni l’anno, generalmente dalle 7 alle 23.