A chi di noi, magari dopo essere stato beccato in sosta vietata o dopo aver sfilato dal tergicristallo una multa salata, non è venuto almeno una volta in mente di mandare a quel paese i vigili urbani che hanno redatto il verbale.
È uno sfogo magari illogico, si ferma tutt’al più sul piano verbale, e come tale va preso e capito. Altra storia, certamente molto più inquietante, quella dell’istruttore di arti marziali catanese che qualche giorno addietro, accortosi di essere stato multato dalla municipale dopo un sorpasso irregolare, è tornato indietro picchiando il vigile urbano. Non contento, dopo essere stato ammanettato e fatto salire in auto, ha preso a testate un altro agente.
Non è la prima volta che a Catania succedono fatti del genere, ma la violenza spregiudicata dell’ultimo episodio mi ha fatto riflettere. Perché se un soggetto che dovrebbe insegnare rispetto e disciplina, ritiene invece di servirsi delle arti marziali e la violenza per coprire le proprie responsabilità, allora non soltanto è un pericolo per sé stesso (per la fine che rischia di fare), ma soprattutto per i suoi allievi.